Sequenziatore di proteine

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Sequenziatore di proteine

Chelsea Instrument, 4000 Protein Sequencer

anni 80-90

keywords: struttura primaria, amminoacidi, proteine

Principali ambiti d’impiego: Chimica delle proteine

Breve descrizione:

Apparato deputato alla determinazione della struttura primaria di una proteina ovvero l’ordine con cui i vari amminoacidi si susseguono nella catena polipeptidica.

Quando si vuole determinare la struttura primaria completa di una proteina solitamente si procede attraverso una serie di step:

• analisi della porzione N-terminale della proteina
• scissione della proteina in peptidi (mediante metodi chimici o enzimatici)
• separazione dei peptidi ottenuti
• analisi degli amminoacidi di ciascun peptide
• analisi della sequenza di ciascun peptide
• allineamento dei peptidi

La struttura primaria delle proteine può essere determinata utilizzando la degradazione di Edman, che permette di rimuovere ed identificare un residuo amminoacidico alla volta a partire
dall’estremità N-terminale della proteina.

Il metodo di degradazione di Edman comporta il pre-trattamento del polipeptide con fenilisotiocianato che va a reagire con l’estremità N-terminale libera della catena e si produce un polipeptide derivatizzato. Questo derivato viene poi trattato con un acido (acido trifluoroacetico). In queste condizioni il legame peptidico tra l’amminoacido N-terminale derivatizzato e il secondo amminoacido viene scisso liberando il derivato residuo N-terminale e creando una catena polipeptidica con un amminoacido in meno. Il derivato dell’amminoacido che era in posizione N-terminale viene separato dal polipeptide, e convertito, mediante trattamento con un acido diluito, in un derivato più stabile che viene identificato mediante HPLC.
La rimanente catena polipeptidica, più corta di un residuo, viene nuovamente sottoposta ad un altro ciclo di degradazione di Edman.

Il sequenziatore di proteine è un apparecchio deputato a realizzare in automatico questo procedimento. In condizioni ottimali è possibile identificare più di 60 residui della
porzione N-terminale della proteina. L’identificazione degli amminoacidi rilasciati nei cicli
successivi diventa problematica: poiché la rimozione di ciascun amminoacido non avviene sul 100% delle molecole ad un certo punto si realizza una miscela di reazione complessa con tanti tipi di catene polipeptidiche differenti per la porzione N-terminale.

Questi apparecchi permettono di poter lavorare con quantità estremamante basse di proteina, nell’ordine di decine di pmoli.

Questi sequenziatori sono collegati direttamente con un HPLC dotato di una colonna in fase inversa, su cui vengono automaticamente iniettati gli amminoacidi ottenuti ad ogni ciclo di degradazione. Il rivelatore posto a valle della colonna cromatografica è un rivelatore UV che va ad analizzare l’assorbimento a 269 nm.

Questo tipo di indagine molto in uso negli anni 80 è ormai quasi del tutto sostituita dalle nuove metodologie sviluppate con l’evoluzione delle tecniche di ingegneria genetica.

Oggi la struttura primaria di una proteina va determinata attraverso l’analisi della sequenza del gene codificante la proteina di interesse.
Questo approccio è molto più rapido e consente di determinare con assoluta certezza la sequenza dell’intera proteina (indipendentemente dalla lunghezza in termini di residui amminoacidici).


Altre risorse


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